Il gergo del maratoneta

Passo e negative split


Quando si inizia da zero, alcuni aspetti gergali della disciplina, possono prendere più di qualche tempo prima di essere digeriti. Uno dei primi è il passo (pace in inglese). Quando si parla tra runner è normale chiedere il "passo". "Che passo hai tenuto? - "A che passo corri?".
All'inizio chi fa jogging non capisce, perché nel jogging si va molto a sensazione: si corre per sentirsi bene e la velocità è relativa. Un runner inizia a confrontarsi invece con questo "passo" e scopre ben presto che il suo allenamento è basato su una variazione di ritmo, cioè di passo.
Il passo è calcolato come il tempo con cui si corre un km. 
Per superare il famoso test del moribondo, bisogna tenere un passo inferiore ai 6'/km per percorrere 10 km in meno di un'ora. Il primatista della maratona, Haile Grebrselassie ha portato a termine la maratona di Berlino al passo di 2:56/km.

L'altro termine che emerge è "negative split". Nessuno lo traduce: significherebbe "frazione in negativo", cioè correre la seconda parte di una gara a un tempo inferiore alla prima (in altri termini a un passo più veloce). In alcune circostanze, si ammette un uso specifico, cioè parlare di negative split per frazioni più brevi della metà della gara, come ad esempio, correre gli ultimi chilometri più forte dei precedenti.
Riuscire a calibrare il passo durante una maratona per il raggiungimento dell'obiettivo è uno degli aspetti cerebrali più entusiasmanti per un maratoneta. Il tempo finale sarà certamente dato dalla somma di tutti i tempi sui 42 km, ma riuscire a percorrere la seconda metà a un passo inferiore alla prima è segno non solo di tenuta muscolare, ma anche di tenuta mentale.

Si dirà : "all'inizio sono fresco e se corro i primi 21km più veloci, quello che perdo alla fine sarà compensato dal tempo precedente". Vero, infatti già in passato ho accennato alla strategia dei 47/53
nella preparazione della maratona di New York, cosa che va incontro a una situazione tipica dell'amatore: la flessione negli ultimi chilometri. Si dice che invece la strategia 51/49 (cioè un negative split), sia di appannaggio solo di un elite o degli atleti.
Distribuzione gaussiana degli split dei maratoneti di Chicago
e New York dal 1998 al 2012. Solo il 13% ha un negative split (in rosso).
(Da http://fellrnr.com/wiki/Negative_Splits)

In realtà è che sapersi gestire in maratona è un passo avanti rispetto alla strategia conservativa. Parto conoscendo le mie possibilità e regolando il mio passo per non esaurire le mie energie prima del 35° km.
Gli ultimi chilometri possono essere deleteri: stanchezza, gambe dure, crampi, disidratazione, black-out mentale, sono eventi che non sempre possono essere previsti.
Si parte forte spinti dall'entusiasmo e poi si arriva sulle gambe o trascinandosi a un passo ben superiore a quello medio.

Quanti runners si incontrano che camminano negli ultimi chilometri di una maratona?


Conservare le energie per un arrivare correndo e non camminando, gratifica il proprio ego e vi permetterà più facilmente di raggiungere il vostro obiettivo di tempo o di batterlo con un nuovo PB (finiamo con un altro aspetto gergale: Personal Best = migliore prestazione personale).





Commenti

franchino ha detto…
Ciao Luciano, ti copio incollo il link al mio blog dove tempo fa parlai o meglio pubblicai un bella disamina di Arcelli sul Negative Split. Spero possa essere utile a te e ai tuoi lettori. Ciao! http://lagrandecorsadifranchino.blogspot.it/2008/02/nel-post-sulla-tutta-dritta-avevo.html
gunny5 ha detto…
Gran bell'articolo però l'attuale record di maratona appartiene a Denis Kipruto Kimetto (2:02:57 per un passo di 2:55 al km)!