FCMax
La moderna tecnologia permette anche all’amatore di
monitorare non solo le variazioni di passo, ma anche di frequenza cardiaca (FC) durante i propri allenamenti.
Ogni
runner può estrapolare dati riferiti ai parametri di corsa e costruirci sopra i
propri allenamenti, in maniera del tutto simile a quella di un atleta
professionista.
La realtà è che spesso l’amatore sbaglia a interpretare
questi dati, perché ha poca dimestichezza con le basi di fisiologia necessarie a capire cosa sta
avvenendo al proprio corpo. Questi errori di interpretazione si pagano però
cari, perché non avendo a disposizione un allenatore e un medico sportivo, il runner amatoriale elucubra modifiche del proprio comportamento del tutto fuori luogo.
Innanzitutto il ritmo cardiaco non è sempre direttamente
proporzionale allo sforzo compiuto.
Molti hanno la concezione che i bpm siano come i giri del
motore, se corro più forte, la frequenza cardiaca aumenta proporzionalmente.
Questo in realtà, non è vero!
La frequenza cardiaca è influenzata da vari fattori:
sommariamente, dall’età del soggetto, dalle caratteristiche intrinseche del
proprio muscolo cardiaco, dallo stato
emotivo del soggetto, oltre che dalla temperatura corporea e esterna.
Uno dei fattori più importanti è la misurazione dei bpm
(battiti per minuto) non durante lo sforzo ma a riposo.
Soggetti che hanno geneticamente una frequenza a riposo
molto bassa, hanno un grosso aiuto da madre natura (o meglio dai propri
genitori) perché potranno compiere sforzi fisici maggiori di altri che a riposo
hanno valori più alti. Si chiama “riserva cardiaca”. Soggetti con un muscolo
cardiaco con ampie cavità e un ventricolo sinistro muscolare, hanno peraltro
vantaggi indiscutibili sugli altri che hanno un cuore più piccolo: in questi
casi è intuitivo anche per il profano che il cuore agisca come una pompa. Più
piccola è la pompa, minore è il volume (di eiezione) spinto verso le arterie e i
muscoli.
Certamente il cuore è parte dell’atleta vincente, ma non è
sufficiente.
Tornando agli amatori, il vostro cuore avrà delle
caratteristiche specifiche ereditate e geneticamente determinate:
potete solo accettarle. Con l’allenamento, il cuore di un amatore inizierà a
subire delle modificazioni (diventa più muscolare e i bpm a riposo
diminuiscono) ma mettevi nella testa che non sarà mai quello di un atleta.
Inoltre con l’età, non può fare altro che peggiorare la sua performance, perché
invecchiando il muscolo cardiaco è meno tonico ed elastico.
Frequenza cardiaca massima (FC max).
Su questo aspetto c’è grandissima confusione. Se avete
comprato un cardiofrequenzimetro, non sarà per fare gli snob, ma per allenarvi
usando la frequenza cardiaca in quella che si definisce “zona cardio”. Durante
lo sforzo è chiaro che la FC aumenti, ma molti pensano che esista un valore
massimo assoluto. Non è un tachimetro!
Il cuore aumenta la FC in relazione allo sforzo fisico (o
emotivo) in relazione a complesse regolazioni In generale, esiste una FC oltre la quale il cuore non riesce a
pompare sangue al cervello in maniera adeguata: avrete così una sincope, una shock,
una perdita di conoscenza. Può sopraggiungere al limite la morte per scompenso
o per aritmia.
Quando si rischia una cosa del genere? Fisiologicamente
quando si raggiungono i 180 bpm che rappresentano il limite superiore di
Weckenbach, oltre il quale le gettate sistoliche sono inefficaci e
compromettono la gettata cardiaca.
Questo dal punto di vista teorico. Dal punto di vista
pratica, ciascuno di voi avrà superato in particolari circostanze i 180 bpm,
senza avere sincopi o aver sintomi di rilievo. E’ normale che in particolari
circostanze, la FC vada anche oltre 200. Ma sono eccezioni e il soggetto
certamente non regge lo sforzo e deve arrestarsi dopo poche decine di secondi.
La formula che viene utilizzata per calcolare la FC max è
quella di Tanaka (2001)
208 – 0,7 x età
che dà valori leggermente più precisi di quella classica di
Karvonen: 220 – età.
Ce ne sono anche altre:
206,3 - (0,711 x età) 206,9 - (0,67 x età)
oppure negli uomini 202 - (0,55 x età)
e nelle donne 216 - (1,09 x età)
Ora, è scritto che queste formule non si adattano a tutti e
che una certa percentuale (il 10% secondo Tanaka) dei soggetti hanno FC
differenti e che sarebbe meglio calcolare la FC max con uno sforzo massimale.
Come si calcolerebbe? “dopo
adeguato riscaldamento (non meno di 20 minuti) tirando
alla morte una distanza tra gli 800 e i 1200 metri”.
Non so da dove provenga questo test, ma non ha nessun motivo
di essere proposto nel running moderno. Pensate di essere quell’1 su 10 che ha
un valore di FC max non calcolabile “esattamente” dalla formula di Tanaka? Ma
chi siete?
Il test massimale “alla morte” non serve a niente, se non a
raggiungere un valore di bpm “massimali” che non ha nessun valore pratico
(nonostante sia proposto il contrario).
Magari arrivate anche a 200 (leggo di gente che pensa di
avere 215 di FC max!!) ma siete all’apice di uno sforzo che non dovete compiere
più e su cui non dovete basare il vostro allenamento aerobico.
Sballereste tutta la vostra preparazione cardio.
Rapporto tra passo e ritmo cardiaco.
E’ concezione familiare che il ritmo cardiaco (bpm) sia
direttamente proporzionale alla rapidità del passo del runner.
Non è vero!
Passo e bpm non vanno di pari passo (scusate il gioco di
parole).
Se vi allenate su una distanza lunga, 10 o 15 km, i vostri
bpm subiranno una “deriva” verso l’alto dopo alcuni chilometri, anche se
mantenete costante il passo.
Questo fenomeno è a volte, interpretato, sbagliando, al
fatto che il cuore non è allenato a sufficienza. Non è così.
Si tratta invece del cosiddetto fenomeno della “deriva
cardiaca”, che dipende dal riscaldamento del vostro corpo e dal riscaldamento
della massa sanguigna durante l’esercizio fisico che provoca una dilatazione
vascolare con la necessità da parte del cuore di aumentare la frequenza per
assicurare lo stesso “pompaggio”. E’ un fenomeno di resistenze emodinamiche che
viene compreso meglio da un ingegnere idraulico…
Questo aumento della frequenza cardiaca non correla con
variazioni del respiro o della sensazione di fatica, è una regolazione attuata
dal sistema nervoso autonomo.
E’ chiaro che se correte con un cardiofrequenzimetro e avete
impostato un allarme sull’ 80% della vostra FC max per eseguire un lavoro
esclusivamente aerobico, vi iniziate a preoccupare e scendete di passo per
contrastare la deriva cardiaca. In realtà la deriva è normale e indipendente
dalle vostre condizioni fisiche ma la conseguenza diretta è che non
raggiungerete l’obiettivo che vi siete posti e tornerete a casa convinti che
avete fallito o che c’è qualcosa che non quadra.
Stessa cosa capita se si corre a temperature esterne
superiori ai 15-18° C (ovviamente con variazioni individuali): cioè quando si
sente “caldo” : in questi casi, la FC è normale che aumenti anche di 15-20 bpm
facendo sballare tutti i vostri piani di misurazione della cardiofrequenza.
(esempio di deriva cardiaca)
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