Recensioni libri maratona

Recensione libri sulla maratona

"La Fatica più bella" di Gastone Breccia



Gastone Breccia è un maratoneta con i fiocchi : ha iniziato a correre la maratona molto giovane, a 19 anni e quattro mesi, e si è subito dimostrato molto dotato per la distanza con un PB di 2 h 26' 44". 
Nel frattempo Breccia è diventato professore di storia e di civiltà bizantina presso l'Università di Pavia, autore di numerosi saggi tra cui "Guerra all'ISIS"(2016), "L'arte della guerriglia"(2013), "Lo scudo di Cristo" (2016) e altri. Insomma, non uno da poco.

Ha scritto "La fatica più bella" per raccontare del suo essere maratoneta e di questi 35 anni di corse.
Mi sono accostato al Breccia maratoneta con molte aspettative che sono andate, purtroppo disattese. Breccia sa scrivere, non c'è dubbio, ma il libro l'ho trovato un po' piatto e ho faticato ad arrivare all'ultima delle 228 pagine. Si sa, libri troppo lunghi non sono fatti per i lettori del XXI secolo, ma a parte questo, tra la filosofia di Breccia e quella di zeromaratone, trovo ci sia un abisso.

Lo stesso abisso che c'è tra me e lui, ça va sans dire, che in maratona è di circa 1 ora e 10', e lui è pure un po' più vecchio di me. L'abisso è in termini di mentalità. Lui scrive di cose che io non concepisco "il momento giusto per abbandonare è prima che sia troppo tardi. Sembra un gioco di parole e invece è uno dei migliori consigli che si possano dare a chiunque affronti una maratona" scrive lui a pagina 130.
Abbandonare?  In maratona non ci si ritira ! Bisogna impedire alla mente, nel momento più buio e di crisi, di lasciarsi andare. Non ci si può ritirare ! Si arriva al traguardo costi quel che costi a ritirare la medaglia (che nel mio caso è di cartone, ma non importa). Questo è l'essere maratoneta ! Non pensare al tempo e alla classifica o al prestigio societario. Ogni ritiro è una sconfitta!

Il secondo aspetto su cui siamo lontani e quello esplicato a pagina 81, inizio V capitolo : "Today we die a little.." cioè "lo sappiamo bene se ne abbiamo conclusa almeno una : "oggi si muore un po' " come disse Emil Zatopek nel 1956...
Morire un po' ? Zatopek è Zatopek, poteva dire qualsiasi cosa, tanto lui è un mito dell'atletica. Non sono d'accordo con morire: correre una maratona per me è una gioia, un arrestare la vita e dire : " io sono qui, alla linea della partenza e sono un maratoneta a prescindere, preparato a combattere la fatica e il dolore. Da questo dolore nascerà nuova vita e un uomo migliore!". Morire un po'? Morire un po' a stare sul divano...

Tralascio di annotarmi che a Breccia non piacciono i grandi eventi, le expo e la folla, capisco che ci si senta più atleti quando si parte in prima fila invece che tra gli ultimi come me, ma gli faccio notare che sbaglia a citare ancora il test di Yasso come predittivo del tempo finale in maratona. E' stato ampiamente dimostrato che è solo una progressione numerica.

Insomma, se lo comprassi per correre la mia prima maratona, mi spaventerei subito ! Chi me lo fa fare?  Non certo l'esperienza di Breccia !

Da un ottimo maratoneta e da uno storico, mi sarei aspettato qualcosa di più : a parte l'aneddotica copiata da altri testi, non mi ha lasciato niente!



Commenti

Unknown ha detto…
Ciao. Premetto che devo ancora leggere il libro di Breccia ma trovo le tue critiche lontane da quello che sento io:
- che senso ha finire una maratona se sopravviene (faccio per dire) un serio infortunio muscolare al 25esimo km oppure una distorsione (per es. alla caviglia causata da una rotaia del tram o marciapiedi)???? Molto meglio fare come consiglia Breccia; altro che finire la maratona a tutti i costi. Se tu proponi questo significa che non ti sei mai seriamente infortunato durante una maratona. È sensato smettere subito (come fanno per altro molti). Viceversa si rischia poi di trascinarsi il malanno per mesi/anni...per sempre...e non scrivo per sentito dire ma per conoscenza diretta di esperienze di amici. Se invece é "solo" questione di testa è diverso.
-certo che maratona è vita, entusiasmo e costanza...voglia...
Credo però che la citazione di Breccia sia da intendersi diversamente; morire un po'nel senso di sacrificarsi sino a superare limiti che quotidianamente non avviciniamo, accettare - per quel giorno - una fatica straordinaria.
Però qui sto solo ipotizzando... perché, ripeto, non ho letto ancora il libro.
Buone corse e buona vita
Ciao